Monday, October 12, 2009

I metodi della Polizia PseudoScientifica: un coltello, un gancio, un’emissione luminosa


By Mark Waterbury

Abbiamo avuto tempo a sufficienza per analizzare i metodi della Polizia Scientifica nel processo Knox/Sollecito e la conclusione è che paiono non solo antiscientifici, ma addirittura pseudoscientifici. Questa è una finzione di scienza, non certo la scienza vera. E possiamo affermarlo perché si sta delineando un quadro ben preciso.


Qui non si tratta di piccoli errori innocenti, imputabili a tempi sempre serrati. Né di incompetenza, perché la maggior parte di queste persone sa bene quello che sta facendo. E non stiamo parlando di costruire un castello di false accuse spargendo sangue, piazzando prove finte o creando dati inesistenti. Falsità di questo tipo porterebbero a risultati chiari e probabilmente lascerebbero anche tracce evidenti. Nel nostro caso invece i risultati sono tutt'altro che chiari. E chi vorrebbe mai lasciare tracce dietro di sé? Certamente non la Polizia Scientifica.


Il quadro che emerge dal processo Knox/Sollecito sembra essere più o meno il seguente. La Polizia Scientifica raccoglie un oggetto dalla scena del crimine. Lo sottopone a un qualche tipo di test “scientifico”. Quindi “seleziona” i risultati e li presenta in totale assenza di materiale di confronto, vale a dire senza aver eseguito alcun esperimento di controllo. Questo modus operandi è compatibile con la pseudoscienza. Sembra essere un tentativo di creare una parvenza di certezza scientifica presentando risultati assolutamente antiscientifici. Chi vogliono prendere in giro? Il giudice e la giuria.

“Pseudoscienza è ogni teoria, metodologia, pratica che afferma di essere scientifica o vuole apparire scientifica e che tuttavia non ha alcuna aderenza col metodo scientifico (o metodo sperimentale), che è alla base della scienza moderna per dimostrare le proprie affermazioni.” http://it.wikipedia.org/wiki/Pseudoscienza

Che cos’è esattamente il “metodo sperimentale”? È quello che ci fa affermare che se non si fa una prova, se non si può ripetere l’esperimento per verificarne la ripetibilità, allora non si può parlare di scienza, ma solo di pseudoscienza. Prendiamo ad esempio il DNA rinvenuto sul coltello da cucina. Il test eseguito dalla dott.ssa Stefanoni ha letteralmente distrutto il campione. Non ne è rimasta traccia. L’esperimento non può in alcun modo essere verificato e riprodotto. Non sarà mai possibile provare se si tratta di un risultato attendibile oppure solo di un minuscolo granello di materiale contaminante proveniente dal laboratorio stesso. La questione si riduce a: “Ho condotto questo esperimento. Questi sono i risultati. Fidatevi di me.”
Analizziamo più da vicino il procedimento utilizzato. State molto attenti, alla fine ci sarà un quiz!


Fase 1: raccogliete materiale dalla scena del crimine o dalle immediate vicinanze. Un coltello da cucina, un gancio, un’emissione luminosa. Non fate troppo i pignoli. Non è l’oggetto in sé, è la scienza a lui applicata a diventare una prova di colpevolezza. È per questo che poco importa se il coltello è stato preso a caso tra tanti altri, come dimostrato ne“Il coltello magico”. Probabilmente anche su un apriscatole nel cassetto di Raffaele c'è il DNA di Amanda sull’impugnatura, ma scoprirlo non avrebbe lo stesso impatto.


Fase 2: eseguite i test sull’oggetto. Che tipo di test? Test scientifici, ovviamente. I test devono suonare di scienza in modo altisonante e sufficientemente incomprensibile. E in casi come questo l’esame del profilo del DNA non ha rivali.


Fase 3: “selezionate” i risultati. Ciò significa che dovete conservare i risultati che supportano la vostra teoria e cestinare gli altri. Un risultato non è di vostro gradimento? Nessun problema. Non segnalatelo. Eliminate i picchi di DNA che non vi interessano. Non trovate elementi in grado di incriminare l’imputato? Nessun problema. Tornate sulla scena del crimine dopo 46 giorni e raccogliete qualche altro elemento.
Fase 4: presentate i risultati liberamente sospesi in un’inquietante aura di sospetto e colpevolezza. Tralasciate qualsiasi tipo di riferimento o confronto che potrebbe mostrare quanto in realtà tali risultati siano precari e fuorvianti. Evitate, in altre parole, ogni tipo di test di controllo.
Ed ecco che avete ottenuto risultati eclatanti in grado di supportare le storielle dell’accusa.
Spendiamo ancora qualche parola sui test di controllo, perché si tratta di una questione di primaria importanza, che spesso cade nel dimenticatoio. Un esperimento che non può essere verificato è come un termometro privo di scala. È possibile vedere il mercurio all'interno, ma non vi è alcun altro elemento a cui rapportarlo. Capite quindi che si tratta di un’informazione senza senso, di un dato senza contesto; lo si può prendere e attribuirgli qualsiasi temperatura si desideri.

“I controlli scientifici sono un punto cardine del metodo scientifico perché consentono di eliminare o ridurre al minimo le influenze involontarie, come le distorsioni imputabili al ricercatore.”http://en.wikipedia.org/wiki/Control_experiment


Gli scienziati scrupolosi prestano particolare attenzione affinché le distorsioni inevitabilmente legate al loro intervento non influenzino i risultati ottenuti. Eseguono esperimenti in doppio cieco, ad esempio, nei quali neppure loro sanno quale campione stanno analizzando, per evitare di “aspettarsi” un determinato risultato. In questo modo, quando raggiungono un risultato, sanno di non averlo “scelto” inconsciamente.
Prendiamo in esame il procedimento seguito dalla Polizia PseudoScientifica per 3 diversi elementi.

Il coltello

Il coltello è stato recuperato dal cassetto della cucina di Raffaele 5 giorni dopo il delitto. A quanto è stato riferito, è stato portato in commissariato e abbandonato sulla scrivania di un investigatore per più di un giorno, per poi essere spedito al laboratorio in una semplice scatola. Decisamente non il genere di attenzione che ci si aspetterebbe per una prova da sottoporre al test del DNA tradizionale, figuriamoci poi all’ipersensibile analisi del profilo LCN. L’analisi del profilo del DNA rilevato sul coltello è stata eseguita con un metodo improvvisato, non riproducibile e mai confermato, le cui carenze sono state ampiamente descritte nella prima e nella seconda parte dell’articolo sul profilo di DNA a basso numero di copie. Ora possiamo aggiungere anche la maldestra manipolazione delle prove all’elenco delle 9 mancanze riportato nella seconda parte dell’articolo. E così arriviamo a 10 gravi carenze del test.


Il test a basso numero di copie eseguito sul coltello non ha previsto “controlli negativi”. In un “controllo negativo”, si moltiplica il DNA e se ne analizza il profilo, senza aggiungere campioni al sistema. Spesso, come per magia, compare comunque un profilo di DNA. La spiegazione è semplice ed è da ricercare in un minuscola quantità di materiale contaminante proveniente dall’attrezzatura o dal laboratorio. I “controlli negativi” rappresentano una parte essenziale dell’analisi LCN, come spiegato nella seconda parte del nostro articolo. La dott.ssa Stefanoni non li ha eseguiti.


Inoltre, fatto forse ancora più importante parlando del DNA sul coltello, non sono stati eseguiti esperimenti di controllo sul tipo di manipolazione a cui è stato sottoposto l’oggetto dal momento in cui è stato prelevato dalla scena del crimine fino a quando è entrato nel laboratorio. Ciò sarebbe servito a verificare se altri oggetti scelti a caso dallo stesso cassetto e manipolati nello stesso modo, poco professionale, presentassero tracce di DNA. Chissà l’interesse che avrebbe suscitato l’accusa nell’analizzare le sinistre implicazioni di una presenza di DNA su un apriscatole. Magari i piselli in scatola sarebbero diventati i protagonisti di un rito satanico. Il DNA di Meredith era su qualcuno dei cucchiai riposti nel cassetto? E quello di Filomena? Sarebbe stato possibile trasformare il cucchiaio nell’arma del delitto, anche in assenza di qualunque corrispondenza con le ferite rilevate?
Sono ragionamenti assurdi, naturalmente. Ma fermiamoci un attimo a riflettere. Non possiamo sapere in alcun modo cosa significa la presunta presenza di DNA sul coltello, o da dove provenga tale DNA, perché non è stato eseguito alcun test di confronto.

Il gancio

Venire a capo del mistero del DNA sul gancio del reggiseno, che, a quanto pare, corrisponde al profilo di ben 5 persone, sarebbe complicato anche predisponendo esperimenti di controllo precisi e rigorosi. Senza di essi, è davvero impossibile. Fatevi questa semplice domanda: “Cosa può accadere a un qualunque oggetto abbandonato su un pavimento e calpestato per 46 giorni? Soprattutto a un oggetto con tessuto annesso, che diventa virtualmente una sorta di straccio per la polvere. Sarebbe ricoperto di polvere, appunto, e presenterebbe tracce del DNA presente in tale polvere. Raffaele è andato più volte a trovare Amanda nell’appartamento. La presenza del suo DNA non significa nulla.
Gli esperimenti di controllo per fugare ogni dubbio sarebbero stati molto semplici. Il gancio è stato ritrovato tra una catasta di oggetti (vedi immagine) lasciata dai meticolosi investigatori nella stanza di Meredith. Eseguendo un test su qualche altro oggetto si sarebbe potuta verificare la presenza di polvere con DNA e capire la reale importanza del gancio. Ma ovviamente, niente di tutto ciò è stato fatto.
Si è quindi giunti alla conclusione che “sul gancio del reggiseno di Meredith è stato rinvenuto il DNA di Raffaele” e non che “il DNA di Raffaele, e quello di diverse altre persone, è stato rinvenuto in vari punti dell’appartamento di Amanda, dove Raffaele era stato più volte prima dell’omicidio”. La prima frase è chiaramente incriminante. La seconda frase, più precisa, dimostra invece che il test eseguito è privo di fondamento se non si esegue un test di controllo.
Il video mostra come è stato manipolato il gancio per recuperarlo dalla scena del crimine. Gli investigatori, con indosso professionali tute bianche, sembrano impegnati in qualche gioco bizzarro. Perché queste tute? In realtà non fanno nulla per evitare la contaminazione del materiale presente sulla scena del crimine. Come mostra il primo piano, le tute, e i guanti, vengono subito contaminati dal DNA presente in vari punti della scena e diventano quindi un pericoloso veicolo di trasmissione per le prove.

L'emissione luminosa

Nell’ingresso dell’appartamento sono state individuate impronte grazie al Luminol. Alcune potrebbero essere di Amanda, ma è molto difficile provarlo perché il confronto è stato eseguito solo con i suoi piedi, che sono stati definiti “compatibili”. Ancora una volta, nessun controllo. Meredith, Laura, Filomena: nessuna delle loro impronte è stata confrontata con quelle rilevate. Sono state eseguite analisi delle impronte per verificare la presenza di sangue, ma il risultato è stato negativo. Niente sangue. Perché allora queste impronte dovrebbero essere significative? Amanda viveva in quella casa, dopo tutto.


Il DNA di Amanda è stato isolato in una di queste impronte. Ma è stato verificato se si trovava anche un metro più in là e in tutto il resto dell’appartamento in cui Amanda viveva? No. Questo sarebbe stato un altro test di controllo. Il DNA era realmente associato all’impronta o era lì solo per caso, così come il DNA di un residente è in genere in ogni punto di un appartamento? Non lo sapremo mai. Non sono stati eseguiti test di controllo e i risultati sono stati presentati senza alcun riferimento. L’aria si sta surriscaldando, controllate nel termometro senza scala!


Questi sono solo 3 esempi, potrei portarvene molti altri. Abbastanza per delineare un quadro ben preciso, in cui i metodi della Polizia Scientifica sono compatibili solo con la pseudoscienza e rappresentano un preciso tentativo di ingannare il giudice e i giurati.


Ed eccoci arrivati al quiz:
1. Se doveste eseguire esperimenti obiettivi per provare la verità e capire cosa è realmente accaduto, escludereste i test di controllo? (Sì/No)
2. Se doveste eseguire test all’apparenza scientifici, ma in realtà volti a far sembrare colpevole una persona innocente, eseguireste i test di controllo? (Sì/No)
3. La Polizia Scientifica ha eseguito i test di controllo durante le indagini per il processo Knox/Sollecito? (Sì/No)
Se le vostre risposte sono state “No, No, No”, siete giunti alla mia stessa conclusione. In caso contrario, chiedetevi se al vostro processo vorreste vedere applicati gli stessi criteri di indagine.

Un ringraziamento particolare al dott. K, amico e biologo molecolare, che ha riletto questi articoli.

Mark C. Waterbury è l’autore degli articoli di questo sito, che si occupano degli aspetti tecnologici del processo contro Amanda Knox e Raffaele Sollecito a Perugia.
Specializzato in scienza dei materiali, laureato in chimica e con più di 20 anni di esperienza, ha lavorato come ricercatore per la U.S. Air Force e come ingegnere e responsabile tecnologico per importanti aziende. Ha messo a punto varie tecniche di misurazione scientifica con revisione paritaria, ha registrato diversi brevetti e si è cimentato per anni su argomenti quali contaminazione e dati al limite del rilevamento. Ha lavorato per la NASA, il MIT e vari laboratori a livello nazionale su tutta una serie di progetti e ha curato revisioni tecnologiche per alcune delle aziende più importanti del mondo, prendendo in esame le opinioni di scienziati e ingegneri per separare il grano dal loglio.


“Nel corso della mia lunga carriera non mi sono mai imbattuto in una metodologia così profondamente e intrinsecamente viziata come quella adottata dalla Polizia Scientifica per questo caso. Ho quindi deciso di scrivere questi articoli, nel tentativo di mettere in luce una pericolosa negligenza scientifica. La mia speranza è che in questo modo le persone intravedano la verità e si possa fare giustizia in questo caso e ridare la libertà ad Amanda Knox e Raffaele Sollecito”.
Mark C. Waterbury
28 agosto 2009